La Valpolicella è vino, sapore, gusto, ospitalità, uomini e natura. È un territorio unico, caratterizzato da un paesaggio straordinario modellato dalle vigne, da splendide colline e dolci declivi. È una zona ricca di tradizione e storia, dalla forte impronta gastronomica di una cucina popolare variopinta, fatta da sapori antichi e autentici. Situata in Veneto, si estende per circa 240 km² ed è diventata famosa per la sua ricca viticoltura. La valle della Valpolicella confina a sud con il fiume Adige, ed è delimitata ad est dalle colline Parona e Quinzano e dalla Valpantena. Ad ovest troviamo monte Pastello, che la separa dalla valle dell’Adige, mentre a nord si estende fino ad arrivare ai famosi monti Lessini.
La viticoltura l’ha resa famosa sin dai tempi di Roma antica, soprattutto grazie al rinomato Amarone della Valpolicella. La valle infatti ha da sempre tratto la sua principale fonte di ricchezza dall’agricoltura, mentre la viticoltura ha fatto prosperare la sua economia. Sono infatti di queste zone moltissime piccole-medie aziende agricole e cantine, sia a gestione familiare, che vere e proprie imprese industriali famose in tutto il mondo. Il vino della Valpolicella è esportato in tutto il mondo, dall’Europa centrale al Nord America.
La viticoltura si è largamente estesa nella zona. I vigneti migliori e più pregiati si trovano ubicati in collina, dove, per incentivarne la coltivazione, sono stati creati degli appositi terrazzamenti, chiamati in dialetto “le marogne”. Essendo la produzione del vino così rinomata ed importante per questo territorio, nel febbraio del 1925 è stato addirittura costituito un consorzio a protezione e difesa dei vini tipici della zona.
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Vino Valpolicella: un prodotto inimitabile
Giuseppe Silvestri, giornalista, scrittore e storico, elogiato persino da Benedetto Croce, della Valpolicella scrisse:
“… Non lo splendore del paesaggio, non gli eventi della storia, non i monumenti dell’arte, non i canti dei poeti, ha servito a render nota la Valpolicella quanto il suo prodotto tipico: il vino.”
E non vi è descrizione migliore quando si tratta di parlare della Valpolicella e dei suoi vini. Perché sono i vini a rappresentare la Valpolicella, una produzione ricca, variegata e pregiata. Una zona dedita alla viticoltura già in epoca romana, che ha conosciuto un boom della produzione fin dai tempi del Medioevo. Si stima addirittura che, durante quel periodo, già il 30-40% del territorio agricolo, fosse dedicato esclusivamente alla coltivazione dell’uva.
Nell’Ottocento nascono e si sviluppano le scienze agronomiche e vinicole e vengono fondate le prime cantine sociali. Risale al 1888 la prima menzione del Recioto della Valpolicella, che ai tempi veniva chiamato Rechiotto. Un vino che ha segnato la storia dell’enologia, perché è grazie a questo vino rosso che ha avuto origine uno dei vini veneti più famosi e apprezzati nel mondo: l’Amarone.
Questo nome significa “amaro”, inizialmente adottato per distinguerlo dalla dolcezza tipica del Recioto. L’Amarone della Valpolicella è nato nel 1936 in una Cantina Sociale della Valpolicella, anche se è stato commercializzato solo molti anni più tardi, nel 1953. Fu proprio in quell’anno, infatti, che avvenne il primo imbottigliamento da parte della cantina Negrar.
Che cosa significa Valpolicella
Può sembrare un nome alquanto bizzarro ed è legato ad una etimologia da sempre dibattuta. Alcuni pensano che il nome derivi dal latino: “Vallis Polis Cellae”, che tradotto significa: “valli dalle molte cantine”. Spiegazione che avrebbe un certo senso. Molti altri invece credono che l’origine sia greca e l’etimologia provenga dalla parola “polyzelos “, che significa terra “dai molti frutti”, oppure terra “molto invidiata”, o ancora “molto splendente”. Infine troviamo anche una spiegazione piuttosto tecnica/amministrativa, che vuole indicare nel termine, una particolare zona dall’Adige al Pol, definita per l’appunto “Valpolesela” , cioè Valle del Pol.
Qualunque sia l’origine del suo nome, la Valpolicella rimane sempre e comunque uno scrigno di tesori, sapori e ricchezze gastronomiche uniche. Un posto da scoprire e da vivere, attraverso le sue tradizioni, i suoi usi e costumi e, soprattutto, tramite i suoi vini.
Valpolicella Classica
Quando si parla di Valpolicella, però, c’è da fare una precisazione. Non si tratta di un territorio particolarmente esteso, ma ugualmente è suddiviso in alcune sottozone in base alla produzione di vino. Una di queste, la più antica di tutte, è chiamata Valpolicella Classica. Una zona in cui la tradizione vinicola affonda le proprie radici, in un passato remoto.
Questa zona comprende i cinque comuni storici che per primi hanno dato il via alla produzione del vino: Sant’Ambrogio di Valpolicella e San Pietro in Cariano oltre alle tre vallate di Fumane, Marano e Negrar. I prodotti di questa zona, in etichetta, riportano la denominazione di “Classico” (come ad esempio il Valpolicella Classico).
Valpantena
Altra sottozona di produzione del territorio, si articola ad est della zona Classica e comprende le frazioni di Poiano, Marzana, Quinto di Valpantena, Santa Maria in Stelle, San Felice Extra e Grezzana, con la relativa frazione di Stallavena.
Zona allargata
Ultima, ma non per importanza, la zona Allargata, che comprende: Val Squaranto, la valle di Mezzane, la Val d’Illasi, la Val Tramigna e la Val d’Alpone. Rientrano quindi in questo territorio alcuni comuni di Verona (con le frazioni di Mizzole, Montorio, Pigozzo e Trezzolano) e quelli di San Martino Buon Albergo, Lavagno, Mezzane di Sotto, Colognola ai Colli, Illasi, Tregnago, Cazzano di Tramigna e Montecchia di Crosara.
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Cosa fa della Valpolicella una zona ideale per la produzione del vino?
È presto detto: condizioni climatiche e pedologiche uniche e molto favorevoli. Perché il vino della Valpolicella, come l’Amarone, il Recioto, oppure il Corvina, sono diventati così famosi e noti in tutto il mondo? Tutto dipende dall’uva e dai vigneti che trovano, in questa zona, il clima ideale per realizzare un prodotto di qualità e di pregio.
Il territorio è vario e va dalla parte alta delle colline, con grandi prati di erba lussureggiante, a dolci declivi che si allungano verso la pianura sottostante. Ed è proprio sui declivi che i vigneti trovano le condizioni climatiche perfette per prosperare. Se osservata dall’alto, la Valpolicella, ricorda nella forma, la mano di un uomo. Ogni dito della mano corrisponde ad una collina, sulle cui chine, si sono venute a creare delle condizioni climatiche e pedologiche eccezionali. Un ecosistema perfettamente bilanciato, che è possibile trovare solamente qui.
Diversi fattori climatici, fisici e biologici si fondono insieme ed influenzano positivamente l’intero territorio circostante. Ad esempio, a nord, i Monti Lessini proteggono dal vento e dal gelo invernale, mentre l’ottima esposizione a sud, concorre a ricreare un clima simile addirittura a quello mediterraneo. Ogni valle infatti è influenzata positivamente dalla propria conformazione direzionale nord-sud.
Amarone della Valpolicella
È sicuramente il più rinomato e apprezzato vino rosso prodotto in Valpolicella. Si tratta di un rosso passito secco DOCG (denominazione di origine controllata e garantita). Si produce solo ed esclusivamente in Valpolicella, perché è solo qui che è possibile trovare il giusto blend di uve a bacca scura, necessario alla sua produzione.
Un sapore unico e inconfondibile, un metodo di produzione insolito e una storia bizzarra, ecco cosa caratterizza questo vino rosso. Partiamo subito nel raccontare la sua incredibile storia. L’Amarone è frutto di un errore! Un errore fantastico, un errore unico. Si produce nella stessa zona del Recioto, presenta lo stesso uvaggio e le medesime tecniche di produzione. Nonostante questo, il risultato è un vino completamente diverso.
Tutto ebbe inizio quando un cantiniere dimenticò per sbaglio una botte di Recioto in cantina. La botte rimase lì, sola e dimenticata da tutti, per molto tempo. In tutto quel tempo il vino ha continuato a fermentare, trasformando gli zuccheri in alcol. Il Recioto, a quel punto, non era più il Recioto, era infatti già più secco e più alcolico. Nel 1936 la botte dimenticata venne finalmente ritrovata dal capocantina, Adelino Lucchese, all’interno della Cantina Sociale Valpolicella.
Lucchese aprì e assaggio immediatamente il vino, rimanendone così colpito da esclamare: “Questo non è un Amaro, è un Amarone!”. Un’espressione che ha segnato per sempre la storia di questo fantastico prodotto e dell’intera Valpolicella. Purtroppo, però, a quel tempo il Recioto era considerato molto più pregiato rispetto all’Amarone e l’errore commesso dal cantiniere, era stato davvero uno sbaglio grave e imperdonabile.
Di conseguenza, prima che l’Amarone riuscisse ad imporsi sul mercato e ad acquisire la fama che oggi vanta, passarono diversi anni. Era il 1938 quando la prima bottiglia di Amarone venne etichettata e, si deve aspettare addirittura il 1953, per vederne la commercializzazione.
Nel 1968 è approvato il primo disciplinare dell’Amarone, riconosciuto come DOC (Denominazione di Origine Controllata) e, con il passare degli anni, ottiene sempre più consensi. Oggi è conosciuto come uno dei migliori prodotti della Valpolicella, un vino che ha reso famosa e stimata l’intera zona, in tutto il mondo.
Disciplinare: che cos’è
Veniamo adesso al disciplinare. Prima di addentrarsi in quello specifico dell’Amarone, cerchiamo di capire cosa sia. Il disciplinare di un vino è l’insieme delle norme a cui far riferimento quando si vuole produrre un vino DOCG, DOC, oppure IGT.
Ogni vino ha quindi il suo disciplinare e in ognuno di essi sono riportati:
- denominazione
- vitigni di riferimento, in quale percentuale devono essere presenti e a quale zona esatta si riferiscono
- resa dell’uva
- titolo alcolometrico dell’uva
- densità delle viti
- modalità di vinificazione ed invecchiamento
- caratteristiche tecniche del vino: colore, odore, gradazione alcolica effettiva, acidità totale, estratto secco minimo (grado zuccherino)
- designazioni, menzioni e prescrizioni per l’etichettatura e la presentazione del prodotto
- storia e legami con il territorio
- ente di certificazione
I disciplinari dei vini sono sempre diversi e più dettagli a seconda del vino che si vuole ottenere.
Amarone della Valpolicella: il disciplinare
Il disciplinare è a tutti gli effetti una norma, la cui mancanza di rispetto, è un reato punibile dalla legge. I disciplinari sono sempre revisionati, aggiornati e/o modificati, divisi (quando ad esempio da una denominazione se ne crea un’altra), accorpati (quando si uniscono più denominazioni), oppure abrogati (quando la denominazione cessa di esistere).
I disciplinari sono solitamente redatti e controllati dai Consorzi di tutela, enti che sovrintendono alla nascita e alla gestione del disciplinare stesso. Redigere, approvare e pubblicare un disciplinare è una cosa piuttosto complicata da fare. I testi realizzati sono particolarmente lunghi e dettagliati.
Il disciplinare dell’Amarone tocca svariati punti. In particolare riportiamo l’articolo 2, relativo alle uve che devono essere utilizzate per la sua produzione:
1) I vini della denominazione di origine controllata e garantita “Amarone della Valpolicella” devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica :
– Corvina Veronese (Cruina o Corvina) dal 45% al 95 %; è tuttavia ammesso in tale ambito la presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di Corvina;
– Rondinella dal 5 % al 30 % .
Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino ad un massimo del 25% totale le uve provenienti dai vitigni:
– a bacca rossa non aromatici, ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona di cui al Registro nazionale delle varietà di viti approvato con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre 2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1), nella misura massima del 15%, con un limite massimo del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato;
– classificati autoctoni italiani ai sensi della legge n. 82/06, art. 2, a bacca rossa, ammessi alla coltivazione per la Provincia di Verona di cui al Registro nazionale delle varietà di viti approvato con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre 2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1), per il rimanente quantitativo del 10% totale.
Amarone della Valpolicella: gli uvaggi
Il paragrafo precedente ci ha dato modo di introdurre un argomento molto importante, relativo al pregiato Amarone della Valpolicella. Si tratta dei suoi uvaggi. Abbiamo visto dal disciplinare che le uve consentite sono: Corvina, Corvinone e Rondinella. A queste si aggiungono anche l’Oseleta e la Negrara.
L’uvaggio è la base del vino, quindi i vitigni devono rispondere a determinate caratteristiche affinché possano essere ritenuti degni di essere utilizzati nella produzione dell’Amarone.
Corvina: la bacca nera autoctona di Verona
Il Corvina è uno dei vitigni utilizzati nella produzione dell’Amarone della Valpolicella. Le percentuali possono variare, come da disciplinare, tra il 45% e il 95%. Si tratta di un prestigioso vitigno a bacca nera autoctono di Verona. È la base fondamentale anche di tanti altri rinomati vini, come ad esempio il Recioto della Valpolicella. Esistono anche produzioni con sola Corvina Veronese (come ad esempio il famoso Corvina Veronese dei Fratelli Vogadori), che non rientrano però nel disciplinare della Valpolicella e sono degli IGT.
Per quanto riguarda la fenologia del Corvina possiamo dire che si tratta di una varietà a germogliamento tardivo e maturazione medio-tardiva (fine settembre-inizio ottobre). Ha una produttività costante e un’elevata pruinosità. L’acino è di medie dimensioni, di forma ellissoidale, con una buccia spessa e consistente, di colore blu – nero, molto pruinosa. La forma di allevamento migliore per questo vitigno è senza dubbio la pergola veronese.
Le origini di questo vitigno sono tutt’oggi sconosciute. L’unica cosa certa è che sono molto antiche, perché le prime notizie sulla sua coltivazione in Valpolicella, risalgono addirittura al 1824. Per lo meno questo è quanto testimonia il Pollini di quell’anno. È senza dubbio un vitigno legato alla viticoltura veronese sin dall’antichità, visto che si tratta dell’uvaggio principale dell’ Amarone della Valpolicella e del Recioto.
Corvinone
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un vitigno a bacca nera autoctono di Verona che è usato nella produzione dell’Amarone della Valpolicella. Come si evince dal disciplinare, l’utilizzo è facoltativo e complementare nella misura massima del 50% in sostituzione del Corvina. In passato era spesso confuso con il Corvina e ha raggiunto l’indipendenza solo di recente.
Dal punto di vista fenologico non è molto diverso dal Corvina. Germoglio tardivo e maturazione media-tardiva (fine settembre-inizio ottobre). Anche in questo caso la produzione è buona e costante. L’acino è grande, ellissoidale, mentre la buccia è spessa e consistente di colore blu scuro, e molto pruinosa.
Nella storia non ci sono tracce del Corvinone, perché in passato era spesso confuso con il Corvina, tanto che fino al 1993, era considerato un clone del Corvina stesso. Solo di recente, grazie alle tecniche di analisi genetica, è stato dimostrato che Corvina e Corvinone sono due vitigni diversi e indipendenti.
Rondinella
Non per ripetersi, ma anche il Rondinella è un è un vitigno a bacca nera autoctono del territorio di Verona. Ha una forte capacità zuccherina e per questo è considerato l’ideale da usare per
la produzione del Recioto della Valpolicella. La Rondinella è usato in modo complementare, nella misura dal 5% al 30%, nella produzione del ben noto Amarone. È una varietà a germogliamento medio e maturazione medio tardiva (fine settembre – inizio ottobre), con una buona vigoria. Presenta un acino sferoidale, di media grandezza, con buccia molto pruinosa di colore nero – violaceo.
Si pensa che la Rondinella sia una varietà arrivata nell’area della Valpolicella nel XIX secolo. Il suo nome pare derivi dal colore della buccia che ricorda la livrea delle rondini.
Oseleta
Anche se non espressamente prevista nel disciplinare, l’Oseleta è un uvaggio usato per il Recioto e l’Amarone della Valpolicella. Ha origini molto antiche ed è un vitigno diffuso nella zona della Valpolicella e dei Monti Lessini. Il nome deriva da un termine dialettale “osei”, che in veneto significa “uccelli”. Pare infatti che quest’uva fosse particolarmente gradita ai volatili.
È probabile che questo vitigno sia il frutto dell’addomesticazione di uve selvatiche locali. La sua scarsa produttività lo aveva reso di poco interesse. Riscoperto dai viticoltori negli anni Settanta, è oggi molto apprezzato ed utilizzato nella produzione dei vini locali. Deve il suo successo al piccolo e tozzo grappolo serrato, ad acini minuti, adatto a produrre vini concentrati. Si tratta forse del vitigno più colorante dell’intera provincia di Verona.
Ha una resa bassa e il grappolo abbiamo detto che è compatto, corto e cilindrico. L’acino e di grandezza media e forma obovoidale, con buccia spessa, consistente e dal colore blu-nero.
Negrara
Anche questo è un vitigno a bacca nera usato nella produzione dell’Amarone, anche se non direttamente menzionato nel disciplinare. In passato era una vigna particolarmente diffusa, ma la sua produzione ha avuto poi un andamento calante per gran parte della fine del ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo.
La famiglia di appartenenza è quella più ampia delle Negrare, vitigni diversi tra loro e coltivati soprattutto in Veneto e Trentino Alto Adige. Presenta un grappolo grande, allungato, di forma piramidale, alato e abbastanza compatto. L’acino è grande, di forma sferica, non molto regolare, con buccia molto pruinosa, di colore blu-violetto. La buccia è spessa e coriacea, mentre la polpa è succosa, dal sapore semplice e incolore.
Amarone della Valpolicella: vinificazione
Passiamo ora alla produzione vera e propria dell’Amarone. Le uve sono raccolte a mano nel mese di settembre. Queste sono lasciate appassire, in modo del tutto naturale, in apposite cassette di legno. Questo passaggio prende il nome di appassimento, una tecnica molto antica, conosciuta ed utilizzata in Italia sin dai tempi dei Romani (I secolo A.C.), per la produzione dei vini passiti, ma non solo.
L’appassimento consiste nel lasciare che le uve, già arrivate a maturazione, si asciughino. In questo modo gli acini perdono gran parte dell’acqua in essi contenuta, mentre gli altri succhi si concentrano al massimo. Esistono varie tecniche di appassimento, come ad esempio quella che prevede di lasciar appassire le uve direttamente sulla pianta, torcendo il peduncolo per bloccare il flusso della linfa. Ma l’appassimento in Valpolicella è fatto in ambiente riparato, all’interno di locali ben arieggiati e disponendo le uve mature raccolte su cassette, stuoie, o graticci in legno. Queste permettono il ricircolo dell’aria tra i grappoli. I locali usati per l’appassimento delle uve, si chiamano “fruttai”.
Questa tecnica lavora in modo del tutto naturale sulla disidratazione delle uve. L’acqua evapora e gli zuccheri si concentrano e si accumulano. Si dice quindi che l’uva è sottoposta a sovramaturazione al fine di concentrare negli acini zuccheri, acidi organici, sali minerali e profumi. Tutto inizia comunque dall’uva. L’uvaggio selezionato per l’appassimento dell’Amarone deve essere perfetto, solo in questo modo si è sicuri di ottenere un perfetto vino passito secco rosso.
Amarone della Valpolicella: la fermentazione
La fermentazione alcolica è un metabolismo energetico. Questa avviene in assenza di ossigeno in alcuni lieviti. Si svolge in due fasi. Nella prima il lievito scinde gli zuccheri complessi (come il saccarosio), mentre nella seconda si forma l’etanolo, o alcol etilico, a partire dagli zuccheri semplici (come ad esempio il fruttosio).
Nella fermentazione alcolica del vino, la prima fase è assente. Questo perché nell’uva è già presente il fruttosio e quindi i microrganismi non hanno bisogno di formarlo a partire da zuccheri complessi, come il saccarosio.
La fase della fermentazione alcolica è quella che differenzia l’Amarone della Valpolicella, dal Recioto. In pratica, nell’Amarone tutta la parte zuccherina, creatasi durante l’appassimento, si trasforma in alcol. Il risultato è un vino strutturato, deciso e tannico.
Nel Recioto invece la fermentazione è volutamente interrotta a metà. Questo perché, così facendo, si ottiene un vino da dessert, con una buona concentrazione zuccherina e con profumi di notevole finezza.
La fermentazione dell’Amarone avviene in contenitori di acciaio e sono utilizzati esclusivamente i lieviti naturali, contenuti nelle uve. Durante la giornata è eseguita più volte la rottura del cappello. Durante la fermentazione si genera molta anidride carbonica. Questa spinge i residui solidi delle uve, come i raspi, le bucce e i vinaccioli, verso la parte alta dei mosti in fermentazione. Questa massa che si forma in superficie è quindi chiamata cappello e deve essere frequentemente rotta e rimescolata. Questo nell’Amarone avviene tutti i giorni, per almeno 50 giorni consecutivi, o almeno fino a quando non è terminata la fermentazione. Così facendo si evita l’ossidazione delle uve e si ottiene il massimo dall’estrazione delle sostanze contenute negli uvaggi.
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Amarone della Valpolicella: la maturazione del vino
Alla fine della fermentazione, il mosto è diventato vino. Ma non si tratta di un prodotto completo. Gli zuccheri sono stati trasformati in alcol dai lieviti e si sono già delineati gli aromi secondari, caratteristici della post fermentazione. Si tratta, però, di un vino ancora immaturo, riconoscibile, ma ancora da limare e definire. Non è del tutto equilibrato e acidità e tannicità sono scompensate e marcate.
A questo punto solo il tempo può migliorarne la qualità e modificarne la spigolosità, rendendolo pronto per il consumo e la vendita. Il tempo che intercorre tra la fine della maturazione e l’imbottigliamento, prende il nome di maturazione.
Affinamento
La maturazione del vino è in continua evoluzione e prosegue anche in bottiglia, prima e dopo la messa in commercio. L’affinamento dell’Amarone avviene in barrique francesi da 225 litri, per circa 24 mesi. Continua poi in bottiglia per altri 12 mesi circa. L’affinamento in legno porta ad un miglioramento sensoriale del prodotto, ad una superba stabilità, progressiva e naturale e a migliorarne molti aspetti, quali: limpidezza, colore, riduzione della carica microbica, miglioramento del complesso colloidale, inerzia nei confronti di intorbidamenti di vario tipo.
Le barrique sono contenitori perfetti per assolvere a questo compito.
Esame organolettico
L’esame organolettico corrisponde alle percezioni sensoriali avvertite dagli organi di senso come odore, sapore, colore e consistenza. La valutazione sensoriale di un alimento, in questo caso il vino, si basa sulla capacità di stimarlo e giudicarlo, conferendogli un voto a seguito di parametri gustativi scaturiti durante l’esame stesso.
L’esame organolettico si compone di tre diverse fasi di valutazione:
- visiva
- olfattiva
- gustativa
Durante la valutazione visiva si osserva il vino e se ne valuta il colore, le sfumature, l’effetto cromatico e la piacevolezza negli accostamenti di colore.
Nella fase olfattiva invece si valutano i profumi emanati dal vino. Se ne identificano gli aromi primari (percepiti immediatamente) e secondari (che si percepiscono in seconda battuta).
Infine nell’ultima fase, quella gustativa, si valuta: piacevolezza, compattezza, sapidità, dolcezza, acidità e l’insieme dei vari gusti e sensazioni che il vino sa trasmettere. Si conclude con una valutazione legata alla persistenza aromatica che il vino lascia in bocca una volta ingerito.
Detto questo, l’Amarone della Valpolicella è un vino dal colore rosso rubino granato intenso, con profumi di notevole finezza e perfettamente fusi. Si percepiscono la ciliegia, la vaniglia, il cioccolato, le spezie, i fiori essiccati e il tabacco. Bocca di notevole eleganza subito calda e avvolgente, con frutto maturo e allo stesso tempo rinfrescante. Notevole lunghezza, persistenza e buona acidità.
Abbinamento cibo vino
Punto di arrivo della degustazione è riuscire a trovare il perfetto abbinamento cibo vino. Il cibo offre un determinato spettro sensoriale che comprende: dolcezza, sapidità, speziatura, piccantezza, tendenza acidula, amarezza, succulenza, grassezza ed untuosità. Nei vini invece, a livello gustativo, le sensazioni più importanti sono: sapidità, freschezza, acidità, dolcezza, alcolicità, tannino, struttura (corpo del vino) e morbidezza.
L’Amarone, essendo un vino particolarmente morbido, si abbina perfettamente a piatti invernali e speziati. Perfetto con grandi arrosti, selvaggina, cacciagione di pelo nobile, brasati o piatti di carne della tradizione, stufati e formaggi stagionati (accompagnati da confetture e mostarde) o piccanti, lasagne al forno, gnocchi al formaggio e i bigoli con il ragù di anatra. Ideale come vino da meditazione.
Prima di degustarlo è consigliato aprirlo almeno un’ora prima, fino ad arrivare a diverse ore prima in caso di vini di lungo affinamento, o che hanno trascorso molto tempo in cantina. In questo caso, il giorno precedente l’apertura, sarebbe meglio verticalizzare la bottiglia. Per quanto riguarda la scelta del bicchiere di servizio, meglio un calice di grandi dimensioni a luce ampia, affinché profumi e gli aromi, si possano diffondere il più liberamente possibile. La temperatura di servizio invece varia tra i 18° e i 20° C.
Recioto della Valpolicella
Passiamo adesso ad esaminare storia e caratteristiche dell’altro grande vino rosso della Valpolicella: il Recioto. È un rosso passito dolce DOCG veneto, prodotto in esclusiva in Valpolicella. Gli uvaggi utilizzati per la sua produzione sono: Corvina, Corvinone, Rondinella e, in percentuali minori, anche Negrara e Oseleta. La Molinara, altro grande uvaggio della zona, è recentemente uscita dal disciplinare, ma è ugualmente consentita. In buona sostanza si tratta degli stessi uvaggi usati per fare l’Amarone.
Disciplinare del Recioto della Valpolicella
Per realizzare il Recioto sono utilizzati solo i grappoli spargoli e maturi, detti “Recie”, da cui il nome Recioto, che sembrerebbe affondare le sue radici in un passato antico (deriva dal latino “recis”, grappoli). Infatti un tempo, venivano utilizzate quelle parti di grappolo in posizioni laterali, le ali appunto, che venivano designate con il termine dialettale “Recie” (che in dialetto veneto significa “orecchie”), oppure le punte.
Con il passare del tempo è stato definito anche il suo disciplinare che, all’articolo 2, cita nel dettaglio gli uvaggi ammessi per la sua produzione:
“1) I vini della denominazione di origine controllata e garantita “Recioto della Valpolicella” devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
– Corvina Veronese (Cruina o Corvina) dal 45% al 95 %; è tuttavia ammesso in tale ambito la
presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di
Corvina;
– Rondinella dal 5 % al 30 % .
Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino ad un massimo del 25% totale le uve
provenienti dai vitigni:
– a bacca rossa non aromatici, ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona di cui al
Registro nazionale delle varietà di viti approvato con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre
2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1), nella misura massima del 15%, con un limite
massimo del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato;
– classificati autoctoni italiani ai sensi della legge n. 82/06, art. 2, a bacca rossa, ammessi alla
coltivazione per la Provincia di Verona di cui al Registro nazionale delle varietà di viti approvato
con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre 2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1),
per il rimanente quantitativo del 10% totale.
La storia
Precursore dell’Amarone, vanta una storia strana e molto interessante. Le sue origini sono davvero molto antiche. Le prime tracce risalgono addirittura al quarto secolo dopo Cristo. Casiodoro descriveva l’Acinatico come un vino dolce: “regio per colore… denso e carnoso”, ottenuto da una speciale tecnica di appassimento delle uve. Per questo motivo è ritenuto l’antenato dell’attuale Recioto.
San Zeno, allora Vescovo di Verona, effigiato nel marchio del “Recioto della Valpolicella” Doc, parlava agli agricoltori dicendo loro: “sole che si fa vino” e li invitava a conservare i vini per lunghi periodi nelle botti, affinché, invecchiando, potessero migliorare.
Nel IX e X secolo la viticoltura era già largamente diffusa in Valpolicella. I primi ad interessarsi alla coltivazione e alla cura della vite, furono monaci ed abati. Tra le tante varietà coltivate, c’erano già quelle utilizzate nella produzione del Recioto.
Già ai tempi esistevano alcune regole che normavano la vendemmia e la produzione del vino. Regole stabilite dagli Albertini (Statuti di Alberto I della Scala, del 1276). Questi regolamenti stabilivano la vendita al dettaglio della bevanda, nonché il trasporto dell’uva e del vino in città. Anche il periodo della vendemmia era prestabilito di comune accordo, tanto che era proibito a chiunque anticipare il tempo di raccolta e di ammostamento. Era inoltre vietato, dopo la vendemmia, conservare l’uva in casa. Quest’ultima abitudine però, contrastava con alcuni metodi di produzione del Recioto e, per questo motivo, non venne seguita, o sostenuta dai viticoltori e dai vinificatori.
La prima catalogazione ampelografica del Recioto, si ebbe nel XIX secolo. In questo periodo venne identificata la Corvina come cultivar tipica della Valpolicella. Il primo disciplinare del Recioto si avrà solo nel 1968, quando venne anche riconosciuto come vino DOC. Mentre il Vino DOCG Recioto della Valpolicella ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 24 marzo 2010.
Appassimento del Recioto
Le uve migliori sono selezionate ancora manualmente. Una volta raccolte sono poste in cassette di legno, oppure su graticci realizzate sempre nello stesso materiale, che consentono una buona circolazione dell’aria, evitando ammuffimenti. L’appassimento dura almeno fino a gennaio-febbraio ed è sempre fatto all’interno di ambienti asciutti e ben areati, con controllo periodico dello stato di sanità delle uve. Il tempo della pigiatura invece varia a seconda delle annate e può andare da fine gennaio, ad inizio febbraio.
Vinificazione
Prima di essere sottoposti alla pigiatura per il conseguente processo di vinificazione, i grappoli vengono ricontrollati, eliminando eventuali parti che si sono ammuffite durante la loro conservazione.
La fermentazione, che avviene durante il processo di vinificazione, è fatta all’interno di specifici contenitori in acciaio e segue il metodo naturale. L’intero processo si svolge all’interno di locali dedicati, con temperatura controllata. Come per l’ Amarone della Valpolicella, anche per il Recioto è necessario rompere il cappello del mosto più volte nel corso della stessa giornata. Una procedura ripetuta quotidianamente per 40 giorni successivi.
La differenza tra Amarone della Valpolicella e Recioto è tutta nella fermentazione. Il processo produttivo, infatti, è lo stesso per entrambi i vini, ma si differenzia nella parte finale. Nella produzione del Recioto, quando gli zuccheri si trasformano in alcol, durante la fermentazione, il processo è volutamente interrotto. In questo modo si ottiene un vino più dolce, di colore rosso granato carico, con profumi di notevole finezza.
Recioto della Valpolicella: esame organolettico
L’esame organolettico del Recioto è molto complesso, trattandosi di uno dei vini dolci più antichi prodotti in Italia. C’è infatti chi dice che il Recioto derivi addirittura dal vino retico, vale a dire quello prodotto dal popolo di origine celtica che risiedeva in Valpolicella, all’epoca dei Romani.
Prodotto nella stagione invernale, vanta una fermentazione lenta e lunga, dovuta anche alle basse temperature. È durante la fermentazione che il vino acquisisce colori, aromi e struttura. È ottenuto dall’interruzione della fermentazione quando gli zuccheri residui hanno una concentrazione attorno al 12% e un valore alcolico che si aggira sui 13°-14°.
Quello che si ottiene è un vino rosso passito dalla grande struttura, le cui bottiglie, si consiglia, di aprire almeno un’ora prima della consumazione. Va servito abbastanza fresco, con una temperatura di servizio che si aggira sui 15°C. Va offerto in calice da vini da dessert a stelo lungo. Il Recioto trasmette sensazioni ben diverse rispetto a tutti gli altri vini dolci. È dolce, ma con una nota lievemente astringente, dovuta ai tannini e ai polifenoli.
Sfoggia un bellissimo colore rosso granato carico, con profumi di notevole finezza. Al naso è marmellatato e spiritato, con un’ottima complessità. Il fondo è molto aperto e persistente. In bocca risulta squisitamente equilibrato, con spiccati sentori di frutta matura e amarena. Bocca di notevole eleganza subito calda e avvolgente, con frutto maturo e allo stesso tempo rinfrescante. Notevole lunghezza e persistenza.
Recioto: abbinamento cibo vino
Il plus di questo pregiato vino è la capacità di unire le migliori peculiarità di un vino rosso importante, con quelle di un passito di grande complessità ed eleganza. È possibile abbinarlo con crostate di frutta, dolci di cioccolato, pasticceria secca tradizionale e dolci al cucchiaio. Ottimo anche per accompagnare formaggi stagionati, con stagionatura superiore ai 9 mesi, oppure formaggi erborinati, accompagnati da marmellate e mostarde.
Vino Rosato
Tra i grandi prodotti della Valpolicella non ci sono solo Recioto e Amarone della Valpolicella. È bene ricordare anche i sublimi rosati, come ad esempio il Molinara Rosato – Vino Rosé. È un vino fresco e minerale, adatto alla stagione estiva. La temperatura di servizio ideale è compresa tra gli 11 e i 16 gradi e si accompagna molto bene con piatti delicati, pesce e zuppe.
L’uva utilizzata per ottenere questo vino è la Molinara, un tempo presente anche nel disciplinare dell’Amarone della Valpolicella, oggi invece solo facoltativa. La fermentazione, in questo caso, è però fatta solo con il mosto senza bucce, o meglio dire, che le bucce rimangono a contatto con il mosto, solo per un breve periodo di tempo.
È grazie alle bucce, infatti, che il vino prende il caratteristico colore rosso. Se queste non sono fatte entrare in contatto con il mosto, il colore sarà allora più tenue, più rosato, per l’appunto. Durante la fermentazione, quando il mosto si trasforma in vino, i lieviti naturali modificano gli zuccheri in alcol, sviluppando anidride carbonica e calore. Mentre avviene la fermentazione anche i polifenoli cambiano. Questi sono dei composti chimici naturali presenti nei chicchi d’uva e nei raspi. Sono concentrati soprattutto nelle bucce e nei semi. Da loro dipendono le caratteristiche organolettiche del vino: colore, odore e gusto. Temperatura ed ossigeno modificano, a livello molecolare i polifenoli che, combinandosi con altre molecole di fenoli, polisaccaridi e proteine, arrivano a formare delle molecole più complesse e strutturate.
Da loro dipende anche il colore, perché sono in grado di far mutare i pigmenti, dal quale deriva poi il colore finale del vino. Nel caso del rosato, quindi, quando il mosto è in fermentazione senza le bucce, il liquido non si tinge di rosso scuro, ma rimane solamente macchiato con una leggera sfumatura rosata.
Molinara
Il vitigno Molinara è un autoctono della Valpolicella. Le origini sono incerte. Il nome sembra derivare dal termine dialettale “Mulinara”, che significa “mulino”. Questo perché gli acini di Molinara sono molto pruinosi, tanto da sembrare quasi ricoperti da un sottile strato di farina di mulino.
È coltivato in Valpantena e nella Valle d’Illasi, addirittura dal 1800. In alcune zone lo chiamano anche: “Rossara” o “Rossanella” come ad esempio verso il Garda, o come “Brepon” in Valpantena e molte volte chiamato anche “Ua salà” (uva salata, per via del sapore sapido). È un vitigno a bacca nera, con un grappolo mediamente compatto, spargolo, piramidale. Presenta acini di dimensione media, ellissoidali, con buccia molto pruinosa, spessa e di colore rosso scuro-violetta.
Spumante brut
La Valpolicella si distingue anche nella produzione di diversi ottimi vini spumanti. In questa categoria rientrano gli spumanti, che a loro volta contano diversi tipi di vini, tra cui anche lo champagne. Il vino spumante ha la peculiarità di avere una forte effervescenza che causa schiuma, all’apertura delle bottiglie. Secondo quando stabilito dall’Unione Europea, un vino spumante, per essere definito tale, deve avere una sovrappressione non inferiore a 3,5 bar ad una temperatura ambiente di 20°.
Esistono molte tipologie di vini spumanti classificati in base alla quantità di grammi di zucchero per litro:
- Extra Brut 0 – 6 g/l
- Brut 6 – 12 g/l
- Extra Dry 12 – 17 g/l
- Dry 17 – 32 g/l
Nello Spumante Brut della cantina Vogadori troviamo un residuo zuccherino che è di 10 gr/lt. Si tratta di un prodotto ottenuto dalle ottime uve Garganega. Per quanto riguarda il suo esame organolettico possiamo dire che visivamente mostra un bellissimo colore giallo paglierino, brillante, dal perlage finissimo e persistente. Al naso è fragrante, con note di frutta a pasta bianca. Nitidi i sentori di burro e crosta di pane. Al tono fruttato, composito e complesso, si aggiungono ricordi di ananas e limone. In bocca è morbido, vellutato, rinfrescante e con un corpo solido. Finale decisamente persistente.
È un vino spumante ideale da abbinare con frutti di mare, crostacei, carne bianca saltata in padella e coniglio agli aromi. Perfetto anche come vino da aperitivo.
Grappa Amarone
In Valpolicella non si produce solo ottimo vino, ma anche grappa. La grappa è un’acquavite di vinaccia che si ottiene da uve prodotte e vinificate esclusivamente in Italia. La Grappa Amarone è una di queste, ottenuta dalle vinacce di Amarone della Valpolicella. Le vinacce sono ciò che rimane da un acino d’uva eliminata la sola polpa. Nelle grappe di ottima qualità, prima della distillazione, i vinaccioli e raspi vengono eliminati.
La legge comunitaria ha riconosciuto che il termine “grappa” possa essere utilizzato esclusivamente dallo stato membro Italia. Questo significa che “grappa” è un’indicazione geografica protetta, una denominazione tutelata. Nessun altro stato può usare questa terminologia.
Legge vuole che il contenuto alcolico di una grappa non possa essere inferiore a 37,5% in volume, mentre non è fissato il limite massimo.
La grappa può essere classificata in base all’affinamento e/o alle lavorazioni che seguono la distillazione. Abbiamo quindi grappa:
- Giovane
- Aromatica
- Invecchiata
- Riserva invecchiata o stravecchia
- Aromatizzata
Nel caso, ad esempio della Grappa di Amarone Barricata, il termine vuole indicare una grappa maturata almeno metà del tempo di invecchiamento in barrique da 225 lt e sotto controllo doganale. È un distillato davvero prestigioso, ottenuto attraverso la distillazione delle vinacce di Amarone della Valpolicella. È un prodotto che viene realizzato sin da epoca antica ed è conosciuto anche con il nome di Grappa Barrique. La grappa barricata è la grappa Bianca affinata due anni nelle botti di rovere, così ottiene un bel colore dorato e diventa molto più morbida e rotonda.
La Grappa di Amarone Forlago è invece ottenuta dalla distillazione delle vinacce di Forlago, quindi solo nelle annate migliori. È affinata per oltre sei anni in botti di rovere francese, così da diventare molto morbida. Si tratta di una grappa per intenditori, da meditazione.